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Giappone Underground. Il cinema sperimentale degli anni '60 e '70

Giappone Underground. Il cinema sperimentale degli anni '60 e '70

€14.00

“Vedevo film di qualsiasi genere, compresi vecchi film di repertorio. Ne vedevo centinaia in un anno. Adoravo il cinema. Ma desiderai diventare regista solamente quando, come dicevo, incontrai il mondo dei film sperimentali. Fino ad allora mi piaceva il cinema dalla prospettiva dello spettatore; il desiderio di fare film venne più tardi. Fu proprio tra la fine delle scuole superiori e l’inizio dell’università che i film del neorealismo italiano arrivarono in Giappone e mi influenzarono. Ne fui colpito come non era mai successo prima. Non so come dire. Sentivo che avrei dovuto veramente pensare più seriamente a un tipo di cinema che potesse unire completamente realtà ed espressione e coinvolgere gli spettatori. Quindi il mio punto di partenza fu il neorealismo italiano, lo sperimentalismo, l’avanguardia e i documentari. Questi generi mi affascinavano moltissimo, ma fu a questo punto che si presentarono dei problemi. Benché trovassi la libertà del mondo immaginativo e senza inibizioni dell’avanguardia estremamente attraente, questo era un mondo chiuso, i documentari, d’altro canto, benché fossero molto legati alla realtà, non trattavano in modo esauriente gli stati mentali ed erano così dipendenti dal contesto temporale che non sarebbero stati attuali in uno diverso. Mi chiedevo se il punto di scontro tra i limiti e i punti di forza dei due generi non potesse rappresentare una nuova tematica per il cinema. Detto ciò, è basilare tenere sempre ben a mente le caratteristiche essenziali del mezzo cinematografico: la qualità di documento e il senso della realtà. Forse oggi ci sono molte immagini che si possono creare senza l’ausilio di una cinepresa; ma fondamentalmente, finché la si utilizza, davanti a noi c’è una realtà. Il primo problema da affrontare quando si inizia un film è l’approccio del rapporto triangolare tra la realtà oggettiva, il mondo dell’espressione e la manipolazione soggettiva del regista”.Toshio Matsumoto

Autore: Beniamino Biondi. Edizioni Il Foglio. Pagine 135


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