Spaghetti Western volume 1: L'alba e il primo splendore del genere (1963-1966)
Spaghetti Western è un progetto strutturato in tre volumi che si propone di presentare il genere così come si è evoluto nel corso degli anni, dai proto-western fordiani di Germi ambientati in Italia, ai western pre-leoniani debitori dell'epopea americana, passando per Sergio Leone e via via con i tristi vendicatori del far west, i tortilla western, i western comici oltre a quelli bizzarrissimi dell'ultimo periodo che mischiavano al genere elementi antitetici presi in prestito da altri filoni come il cinema delle arti marziali o l'horror, fino ai tentativi finali degli anni '80 di rivitalizzare un cinema ormai morto.
Dunque un percorso importante, ricco di citazioni, aneddoti, giudizi e pareri che permettono di compiere un'analisi completa non solo del western all'italiana ma del nostro cinema bis. Si può infatti quasi dire che non esiste regista, sceneggiatore e spesso celebre attore del cinema di genere italiano che non sia passato dal western. Persino registi prigionieri del loro successo come Dario Argento, Lucio Fulci, Mario Bava, Tinto Brass e Pier Paolo Pasolini hanno fatto western. Un genere che ha regalato al pubblico, in poco più di dieci anni, circa quattrocento pellicole, gettando le basi per la nascita di tutti gli altri generi e persino del cinema d'autore, finanziato grazie agli introiti stellari di questi film.
Il primo volume della serie getta luce sulla fase iniziale dello spaghetti-western, dall'alba al 1966, analizzando, film dietro l'altro, il suo lento evolversi e di quello dei suoi protagonisti con piglio più divulgativo che critico e con l'intenzione di spingere i giovani lettori alla sua riscoperta e soprattutto per iniettare in loro lo stimolo e la curiosità verso un mondo, quello del cinema di genere italiano, che è stato scandalosamente confinato dalla televisione e da una certa produzione cinematografica ipocrita e bigotta in un angolo culturale che ha il triste aspetto della nicchia.
Autore: Matteo Mancini. Edizioni Il Foglio. Pagine 420