The Texas Chainsaw Massacre di Tobe Hooper. La famiglia, il falso documentarismo e i rimandi intertestuali
The Texas Chainsaw Massacre (Non aprite quella porta, 1974) di Tobe Hooper dopo reiterate visioni ci è sembrato negli anni una collezione di psichedelia, di composizioni macabro-surrealiste, di disfacimento sociale nell'America nixoniana, di follia endemica, di fiaba nera, e di falso documentarismo. Quando Leatherface elimina i gitanti a martellate, anche le nostre ossa si frantumano, come "i comunissimi ingranaggi eterni che regolano l'universo" come scrive Leonard Cohen in "Beautiful Losers". La mattanza della cultura hippie sgorga in sequenze di sperimentale e mai gratuito senso apocalittico. Il regista ci turba per come empatizza con la sua famiglia di freaks, indeciso se compatirla o mitizzarla.
Soraia Di Fazio in questa sua analisi testuale tenta di oltrepassare i suddetti confini, esplicitando mediante il suo sguardo critico la tesi che il secondo lungometraggio di Hooper possiede ontologicamente uno statuto di opera d’arte e non soltanto per essere stato incluso nella collezione permanente del MOMA newyorchese.
Il volume include una prefazione di Fabio Zanello e una postfazione dell’attrice Teri Mc Minn, ossia Pam la vittima sacrificale di Leatherface appesa all’uncino da macellaio.
Autore: Soraia Di Fazio
Edizioni: Il Foglio
Pagine: 100